giovedì 12 febbraio 2009

Composizione chimica del vino














Nell'ambito degli zuccheri, glucosio e fruttosio danno fermentazione mentre il galattosio fermenta con difficoltà. Nei vini riscontriamo la presenza anche di altri composti zuccherini che appartengono al gruppo degli aldosi come arabinoso e xiloso (già presenti nel mosto) ramnoso e riboso: quest'ultimo proviene dal metabolismo dei lieviti. Sugli zuccheri dunque agiscono non solo i lieviti ma anche i batteri omolattici che possono trasformare glucosio e fruttosio in acido lattico e i batteri eterolattici, che metabolizzano gli zuccheri in acido lattico e acido acetico e sono responsabili del difetto denominato spunto lattico, verificabile quando la temperatura dell'ambiente è troppo alta e, interrompendosi la fermentazione alcolica, avviene la fermentazione eterolattica che porta alla produzione di altri composti, dannosi per struttura e aroma. Occorre inoltre precisare come lo sviluppo di batteri acetici su uve non integre aumenta nel vino l'acidità volatile. Dopo l'etanolo, presente in quantità variabile da 50 a 200 g/l, il glicerolo, detto anche glicerina, è l'alcol presente nel vino in maggior quantità (8-10 gr/l) e può essere presente sin a partire dal mosto proveniente da uve "ammuffite" dalla botrite (Botritis cinerea) o da grappoli sani. L'acido acetico è presente già nel mosto e può verificarsi un aumento della sua concentrazione nel vino per opera dei batteri acetici che attaccano l'etanolo formato e lo trasformano (in presenza di ossigeno) nell'acido sopraccitato attraverso il passaggio intermedio nel composto acetaldeide. L'opera dei terribili batteri acetici comprende anche la formazione di un estere ( composto chimico formato dall'unione di un acido e di un alcol) per l'unione di acido acetico ed etanolo con la conseguente produzione di acetato di etile, attore principale dello spunto acetico. Rispetto al mosto nel vino si riscontra la diminuzione nella concentrazione di acido tartarico e invece la nuova presenza di acido succinico. La struttura inizialmente acquosa del mosto si trasforma nel corso del processo fermentativo in idroalcolica e ciò comporta una minor solubilità di sali presenti nel vino come i tartrati di potassio e di calcio. I lieviti consumano diversi elementi presenti nel mosto come il calcio, i solfati e i fosfati che si ritroveranno con concentrazioni inferiori nella bevanda finale.

Nella vinificazione in rosso delle uve diraspate si verifica un passaggio di sostanze contenenti azoto (N) dalle parti solide della materia prima al mosto che fermenta: alcune di queste sostanze subiscono trasformazioni e vengono demolite dall'azione dei lieviti durante il processo : è questo il caso dell'azoto ammoniacale mentre l'amminoacido prolina rappresenta per i lieviti un serbatoio di azoto che può essere utilizzato nel caso di carenze dell'elemento : è per questo che la sua concentrazione nei vini è variabile, in genere maggiore rispetto al mosto, e conserva il predominio tra gli amminoacidi della bevanda alcolica. Nel mosto ci sono peraltro pochi polifenoli e il colore è assai pallido poiché le sostanze coloranti si osserveranno solo nel vino rosso dopo la macerazione.
In caso di vinificazione in bianco diminuiscono le sostanze colloidali per la demolizione svolta nel mosto da specifici enzimi ( la pectinmetilesterasi e la poligalatturonasi) sulle pectine, molecole complesse formate da tante unità di acido galatturonico , in generale, nel passaggio dal mosto al vino diminuisce l'acido galatturonico ed aumenta il mannosio, derivato dall'attività dei lieviti. E' vero anche che una minore quantità di polifenoli significa più proteine in soluzione e rischio di successive precipitazioni con le conseguenti "casses proteiche" di cui parleremo quando affronteremo i "difetti" del vino. Nei vini rossi invece, per la grande quantità di polifenoli presenti, le proteine si insolubilizzano e dalle parti solide dell'uva passano molti colloidi con conseguente intorbidimento: occorre quindi intervenire per sanare il problema in maniera corretta.